mercoledì 18 luglio 2007

Riforma elettorale?

Cosa posso dire della discussione sulla riforma elettorale, senza cadere troppo nella fantapolitica, e senza concedere nulla all'antipolitica che disapprovo fortemente ?

Partiamo dall'articolo in prima pagina sul Corriere della Sera di martedì (ieri): qualcuno, di cui cercherò di scoprire il nome, chiedeva alla legge elettorale tre cose:
- eliminare gli estremisti, che impediscono al governo di governare.
- mantenere il bipolarismo, cioè evitare il "grande centro", in modo che gli elettori possano mandare a casa il governo alle elezioni; con una forte coalizione di centro il ricambio, e quindi il controllo da parte dell'elettorato, diventerebbe impossibile, in quanto gli avversari sarebbero divisi in due ali talmente lontane come idee da non potersi unire neanche contro un nemico comune.
- garantire la governabilità dando un largo premio di maggioranza al partito più votato.
In sostanza, quello che proponeva era uno scenario in cui due partiti, uno di centro-sinistra (PD) e uno di centro-destra si alternano al potere, ma solo su una scala di cinque anni.

Rifletteteci un po', ... tenendo conto che qui non si parla solo del governo, ma anche del parlamento (a quanto pare il concetto illuministico di separazione dei poteri fra legislativo ed esecutivo non viene troppo considerato), prima di leggere oltre.

Io non sono un estremista, né voglio il grande centro, e credo che il governo debba poter governare ... ma comunque quello che si sta chiedendo qui non mi piace poi tanto, a parte per l'evitare il centro.
Teniamo conto che in Italia ci sono molte persone che votano i partiti estremi (altrimenti il problema non si porrebbe); possiamo ritenere che sia sbagliato, che i partiti "d'opposizione" non abbiano senso, ma siamo in una democrazia, e se la gente li vuole mi pare sbagliato sopprimerli.
Poi teniamo anche conto che, stando ai sondaggi, le oscillazioni fra quanti votano il centro-sinistra e il centro-destra alle diverse elezioni sono spesso piccole, dominate dagli 'indecisi'. Dare il potere (o meglio, i poteri legislativo ed esecutivo) assoluto a una delle parti solo perché in quel dato momento aveva il 51% è un po' come trasformare la democrazia nella "dittatura del 50% più uno".

Ma il governo deve poter governare, questo è indubbio.

Cosa fare, quindi?

Se ci fosse un po' di responsabilità da parte dei politici, secondo me ci vorrebbe un sistema per cui:
- il parlamento rappresenta genuinamente le opinioni degli italiani, quindi gli estremisti hanno i loro seggi, e centro-sinistra e centro-destra si dividono quasi equamente i posti ... ma tutti quanti cercano di fare le leggi, e non di ostacolarsi; intanto, se attingi puoi attingere a tutto il parlamento e non solo al 51% dato dalla coalizione di governo, la maggioranza necessaria per fare le leggi la trovi: non è che il 100% del 49% degli italiani, che hanno votato per Berlusconi alle ultime elezioni, sono contrari a tutto quello che un centro-sinistra possa proporre.
Questo non è un bieco compromesso, uno scambio di favori, inciucio, una perdita di dignità, una "palude"... se, tanto per fare un esempio, ci fosse una maggioranza di Italiani a favore dei diritti dei conviventi (cosa che spero sia vera), sarebbe giusto fare la legge anche se questa maggioranza fosse sparpagliata sull'asse destra-sinistra in base a cui classifichiamo (in modo riduttivo) la politica.
- il governo, invece, viene mantenuto stabile con qualche meccanismo tipo quelli che ci sono nel resto d'Europa e del mondo dove, come si può scoprire informandosi un po', non serve affatto avere una larga maggioranza nel parlamento per governare.

Ora passiamo a qualche considerazione che mi fa ritenere che se si mantiene l'attuale mentalità (bipolarismo del "muro contro muro", partiti "d'opposizione", scarso pragmatismo) non si conclude quasi nulla comunque anche con una legge elettorale "da colpo di stato" (a parte il "grande centro", che non vogliamo).
Il problema dei piccoli partiti è, almeno parzialmente, il problema della pluralità di opinioni... o togli potere a qualcuna, o le tieni tutte e lasci che si litighino; se poni i quattro partitelli d'estrema sinistra (prc, pdci, verdi, e l'sd di mussi) di fronte alla scelta "o vi unite o siete morti", fonderanno un unico partito ("il partito dei disuniti"? in fondo, ce n'è l'accademia) per passare lo sbarramento e poi quel partito non sarà in grado di avere una posizione unitaria (come forse il PD, come faticano a fare DS e Margherita ... insomma, quasi tutti i partiti grandi che non sottostanno al potere di un unico capo tipo Berlusconi)
C'è poi il problema della governabilità: immaginiamo per un attimo che l'Unione, invece di avere il 50.1% dei voti abbia il 60% (una buona maggioranza). Beh, se riuscissero a raccogliere solo l'80% dei propri voti su una legge (p.es. sulle pensioni) perché a qualcuno non va bene, finirebbero al 48%, che non basta senza il voto favorevole dell'opposizione. Andiamo oltre con l'immaginazione: se una legge bulgara gli fornisse il 70% dei seggi, comunque non basterebbe il 70% dei consensi interni per avere la maggioranza. In sostanza, finché esiste il diritto al dissenso dentro una coalizione (o dentro un partito, poco cambia), è dura cavarci qualcosa se non puoi appoggiarti a voti che vengono da fuori della coalizione.
Ma vogliamo togliere il diritto al dissenso? io direi si al dissenso in parlamento, a patto che sia costruttivo; e no al dissenso nel governo (capisco che chiunque voglia più soldi e che il ministro delle finanze non possa darli a tutti; ma mettetevi d'accordo intorno a un tavolo, in un giorno, a porte chiuse; siete lì per governare, non per litigare).

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